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17/03/2011 13.28.17 - Articolo letto 6190 volte

Il sangue del Sud e La conquista del Sud

La conquista del Sud di Carlo Alianello La conquista del Sud di Carlo Alianello
Il sangue del Sud di Giordano Bruno Guerri Il sangue del Sud di Giordano Bruno Guerri
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In occasione della festa dell'unità d'Italia
di MARIA ANNA CRAPULLI
Matera Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio, sottotitolo del libro del giornalista, scrittore, storico Giordano Bruno Guerri. “Ciò che accadde nel 1861 realizzava il sogno secolare di poeti, politici e intellettuali. L’Italia una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor, invocata da Alessandro Manzoni, non era più un’astrazione. Dei modi e dello spirito con cui fu compiuta l’impresa – e delle sue conseguenze – si parlerà, in questo libro, in maniera non convenzionale”.
Chiare le intenzioni e chiarissima la scrittura e il racconto di eventi storici e relazioni politiche per loro natura intricate e complesse. Tra il 1861 e il 1870 si svolse in Italia una vera e propria guerra civile, tra Nord e Sud, tra piemontesi e briganti; a raccontarla è stato il vincitore, per questo, storici come Giordano Bruno Guerri ed altri hanno ritenuto opportuno di compiere una profonda opera di revisione storiografica per portare alla luce anche il racconto dei vinti, insabbiato dai libri di storia, per evitare “letture manichee: tutto il male da una parte e tutto il bene dall’altra”. “Almeno nei trent’anni successivi all’Unità, l’Italia del Sud fu come una colonia del Piemonte. E, dal momento dell’unificazione, i meridionali furono più sfruttati che sfruttatori”. Forse questa la prima delle cause all’origine del cosiddetto brigantaggio. “La parola brigante venne introdotta dai francesi. Prima venivano chiamati banditi o fuorbanditi. I francesi usavano brigantage o brigand dal Quattrocento: secondo alcuni, il termine viene da una parola gallica che da forza era passata a indicare prepotenza. Nel 1829 i linguisti italiani classificarono brigante come neologismo”. Il brigantaggio proliferò in quanto espressione di un malessere diffuso, di un disagio e di una sofferenza collettiva profonda. I governi post-unitari, invece, commisero l’errore di negare la componente sociale del fenomeno, “delegittimandolo come la ribellione imprevedibile e folle di bifolchi al soldo della reazione”. Tutto fu liquidato in modo semplicistico, evitando un’analisi profonda e vera di quel malessere e quel disagio. Solo nel 1875 Leopoldo Franchetti, politico toscano, scriveva nelle Condizioni economiche e amministrative delle province napoletane “Il genere di vita dei contadini è tale, che il farsi brigante è un miglioramento piuttosto che un peggioramento della loro condizione”.
Dello stesso sapore è il libro di Carlo Alianello, edito per la prima volta nel 1972, e riproposto nel 2010 dall’edizione il Cerchio. E’ un appassionato racconto di chi desidera far emergere la verità dei fatti accaduti servendosi di ampie citazioni e coloriti commenti. “In una parola, la scrittura di Carlo Alianello non è politically correct. Quindi è affatto stranamente, ancora, scandalosa. In realtà, mai il nostro Autore volle “fare militanza” attraverso la scrittura…Ciò che egli pone al centro della sua scrittura sono la pietas e la memoria; o, per meglio dire il dovere morale della pietas nei confronti di un mondo vinto, disprezzato, distrutto, e della memoria del profondo valore umano e morale di chi, nella sconfitta, nel disprezzo e nella cancellazione della propria identità seppe mantenersi in piedi, fedele alla parola data, al giuramento prestato, alla propria tradizione malgrado tutto”.



Sassiland News - Editore e Direttore responsabile: Gianni Cellura
Testata registrata presso il Tribunale di Matera n.6 del 30/09/2008




 
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