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10/11/2010 17.54.26 - Articolo letto 6037 volte

L’ECO DELLE VOCI LUCANE : NO ALLA PRECARIETA’ ... NO ALLA RESA DEI NOSTRI SOGNI!

Disagio Disagio
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Il disagio collettivo è rappresentato dalla condizione di precarietà lavorativa in cui versano milioni di soggetti
di FRANCESCO AMBROSECCHIA
Matera Il disagio collettivo, di natura economica ma ancor prima umana ed esistenziale che colpisce soprattutto la fascia più giovane della popolazione è rappresentato dalla condizione di precarietà lavorativa in cui versano milioni di soggetti che si affacciano al mercato del lavoro. Giovani con alta scolarizzazione, diplomati e laureati, anche con ottimi voti e con profili professionali tecnico – scientifici in teoria appetibili dalle aziende, faticano a trovare lavoro, o se lo trovano, si tratta di un lavoro a tempo determinato, spesso non corrispondente alle aspettative e inadeguato agli studi conseguiti e soprattutto in confronto ai sacrifici che si fanno per portare a termine il percorso di studi. Negli ultimi tempi sulla stampa e sulla rete si è sviluppato un vivace dibattito che interessa il mondo del lavoro. Hanno partecipato al dibattito autorevoli giornalisti, qualche politico, opinionisti, economisti, qualche giovane trentenne e molti semplici lettori o frequentatori della rete fra cui il sottoscritto. A margine di questo pur lodevole intento di risvegliare le coscienze, quelle dei politici in particolare, delle Istituzioni, del mondo economico, vorrei “calare”  due esemplari testimonianze . La prima testimonianza è di un 30 enne che si firma “uno dei tanti precari” . Oggi il precario sembra essere diventata una nuova figura sociale emergente. Nulla di cui andare fieri naturalmente ! Lo stesso testo non ha bisogno di notevoli chiarimenti, anzi lascio a voi e alla vostra mente le giuste riflessioni. Riporto qui di seguito alcune frasi più evidenti per riassumere il disagio avvertito da un 30 enne del Centro Italia, laureato in Scienze Biologiche con 110 e lode  :
" [...] In questi anni non ho aspettato che il lavoro mi venisse incontro: [...] ho fatto l’impiegato co.coc.co in un ente del parastato, ho fatto l’autista-operaio in un ente pubblico come co.co.co., ho fatto il servizio civile,  ho fatto tre anni esatti di contratto a tempo determinato in un ente pubblico regionale  in quanto primo in graduatoria di un concorso pubblico. Scaduto il contratto a tempo determinato e non più rinnovabile mi sono iscritto nelle liste dei disoccupati. [...] Ma che cosa vuole da me questa Italia?! E’ da cinque anni che sto facendo un “percorso di guerra”di cui non vedo ancora la fine. Devo essere flessibile a tutti gli sfruttamenti, a tutti i ricatti di orario, flessibile in Italia vuol dire adattabile, essere utilizzato da impiegato semplice a laureato.  [...] Non riusciamo a programmare il nostro futuro. [...]  Qui in Italia noi precari siamo  come i dannati della terra senza futuro e dobbiamo in alcuni casi persino nascondere la laurea perché la stessa infastidisce e ostacola mentre si regalano e si facilitano esami universitari  ai dipendenti di certe amministrazioni convenzionate con certe università. ”[...]
A sottolineare la gravità del problema attuale e sociale dei giovani vi è un’ulteriore testimonianza, quella di una giovane lucana che qualche mese fa ha scritto alla rubrica della rivista Vanity. Di seguito mi permetto di riportare alcune delle parole di Alessia, autrice di tale “sfogo” :
[...]  Le domeniche passate a studiare: ma non è un sacrificio, a me piace e un giorno la vita mi ripagherà di tutto, dicevo a me stessa. La lotta per un 30 e lode che pensi possa cambiare il corso della tua esistenza: la scelta sella tesi più difficile, con il professore più stronzo, per dimostrare (ma a chi?) che tu puoi. E poi stringerla quella tesi fra le mani, stringila come una reliquia del sudore e della fatica, il trionfo del nulla che è il tuo tutto. Stringila quando la rabbia ti soffocherà e vorrai farne un falò. [...] Scrivilo sulla targhetta del citofono chi sei, almeno ogni volta che tornerai a casa ti ricorderà quale percorso hai seguito. [...] Dite ai giovani costretti a dimenticarsi di se stessi, a non citare nel curriculum i propri titoli, per non essere “troppo”, per essere degni di servire ai tavoli o vendere pacchetti televisivi e contratti telefonici per due mesi poi a casa, di nuovo, e ancora e ancora e ancora e ancora.

Alessia"


Alessia ha concluso il suo sfogo, per evidenziare e riassumere la sua sofferenza, una citazione che la dice lunga : “Nel mio cassetto sono rimaste solo mutande, i sogni non ci sono più...”  La stessa lettera è stata riportata poco dopo su un volantino dal titolo  "Lo sfogo di Alessia, povera Basilicata...", che lascia intendere già tutto. Lo stesso volantinoha riscosso interesse tra le menti locali lucane, e soprattutto solidarietà tra chi vive la stessa forma di disagio. Non è bello trovare tanta tristezza e tanta disperazione nelle parole di un giovane, magari anche mia coetanea. Oltretutto è ancora più impressionante se si sta parlando di una realtà locale , magari la stessa  : vedi la mia, vedi quella di Alessia, vedi la Basilicata.  Io sottoscritto materano, 26 enne sono laureato alla triennale di Scienze Statistiche. Dal 2007 ad oggi non ho altro che raccolto co.co.co e  co. co .pro., per non parlare del disdegno che ho provato quando cercando comunque un’occupazione, come anche il “commesso” , mi hanno chiuso le porte in faccia con molta gentilezza. Il motivo?... No, la non esperienza, anche perché quella era comprovata e mensionata tra le mie esperienze nel cv, ma soltanto perché ho la laurea. Qualcuno potrebbe imputare alla crisi economica mondiale la colpa di questa situazione, in parte è vero se si pensi che chi entra nel mercato del lavoro oggi, non deve misurarsi soltanto con un mercato interno o ristretto tra i Paesi sviluppati, ma deve competere con la forza lavoro dei Paesi in via di sviluppo, tecnicamente preparata e per di più disposta a lavorare a costi più bassi. I manager delle Grandi aziende guadagnano cifre esorbitanti (e forse ingiustificate), mentre i dipendenti delle stesse vedono ogni anno diminuire il poter di acquisto dei loro salari. Bisogna favorire la giustizia sociale, la meritocrazia, il dinamismo e l’innovazione. Tutti siamo consapevoli e dovremmo esserlo del fatto di essere impegnati in una difficile sfida, che richiede uno sforzo individuale notevole e collettivo, ma senza dimenticare la nostra dignità i nostri diritti: essere aiutati quando si perde un posto di lavoro, essere assistiti in caso di malattia, essere formati al meglio per avere migliori chance e ulteriori alternative. Tornando alla nostra amata regione, la Basilicata, bisogna sì tener conto di quanto appena enunciato ma è necessario anche fare chiarezza su alcuni fattori, ancora non molto chiari. non La politica continua a vendere belle parole (ma solo quelle) per i giovani e per il futuro degli studenti, continua a essere garante di se stessa, e soprattutto continua a vendere “fumo”.  A questo punto a me sottoscritto e ai migliaia di giovani lucani oggi fuori regione per studiare o che sono in attesa di un lavoro sorge un quesito “pesante” : quali reali prospettive si possono avere nella nostra regione, ossia in Basilicata? Sperando in una spiegazione più concreta e meno logorroica. E correlato a quanto, iniziano ad affollarsi tanti punti oscuri del sistema economico-sociale-politico della nostra terra : dove sono finiti tutti i contributi europei, chiaramente esauriti per voce dei governanti locali ? e inoltre qualcuno sa qualcosa delle cosiddette royalties, il contentino per il disturbo per lo sfruttamento della nostra terra per estrarre petrolio, e i fondi derivanti dalla cessione dell’acqua alla vicina Puglia, che sono entrati nelle casse o presunte tali della Regione Basilicata?  Per non parlare di tutti gli aiuti economici sovvenuti per salvaguardare il distretto del mobile imbottito, che però a Matera non è riuscito a dare i giusti frutti (almeno per i dipendenti) visto che il tracollo si è sentito e come! Ebbene allora mi domando: tutto questo fiume di denaro a cosa è servito?... forse a far precipitare la Basilicata agli ultimi posti nella classifica della povertà, facendola diventare una delle realtà ad alto rischio emigrazione?!  E allora perché non si pensa di dare più vita a quella che è l’economia locale, anche con la realizzazione di infrastrutture adeguate?! ...Basti pensare che nella mia città... Matera , la Città dei Sassi (patrimonio dell’Unesco,candidata a Capitale della Cultura 2019)  non vi è traccia della ferrovia dello Stato, ma solo macerie e cantiere abbandonato non so da quanto ormai... ! La stessa Ferrovia avrebbe potuto collegare il nostro centro alla vicina Puglia, al capoluogo di regione, Potenza e magari e soprattutto dare ulteriori prospettive di lavoro. Oppure costruire un cantiere intorno alle operazioni di estrazione del petrolio,  avrebbe forse garantito  ulteriori possibilità di lavoro. Sottolineo forse perché non voglio sostituirmi a nessun governante o politico ! Ma forse si vuole appositamente far morire una regione che invece potrebbe dare tanto anche a livello nazionale?!  Oggi, purtroppo, nella mia città... Matera... non si vede altro che emigrazione di giovani, cassi integrati, mobilità e precari...tanti precari.  L’unica speranza o possibilità per i più “testardi”  come me, che non vogliono o non possono rinunciare alle propria terra, è quella di restare “a galla”  cercando di aggrapparsi  ai bandi regionali del Fondo FESR 2007-2013, sempre se anche questi non siano il solito “fumo”.  Voglio precisare che i lavoratori senza “posto fisso”rischiano di perdere prospettive, speranze e autostima.Fondi o non, facciamo girare l’economia, facciamo vivere il nostro Paese, e non permettiamo che l’uomo, le persone delle nostre terre, finiscano per “impazzire” e/o  “auto-lesionarsi”. Ricordiamo “ L’uomo viene sempre prima del dio Denaro!” ... questo dovrà essere lo slogan materano, lucano, nazionale, per non permettere a nessuno di “ammazzare” i nostri Sogni !   
 
A cura di Francesco Ambrosecchia



Sassiland News - Editore e Direttore responsabile: Gianni Cellura
Testata registrata presso il Tribunale di Matera n.6 del 30/09/2008




 
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