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25/02/2013 11.22.53 - Articolo letto 3068 volte

La Pista Mattei e scalo aereo di Pontecagnano, questione di infrastrutture

Aviosuperficie Mattei - Pisticci Scalo (foto SassiLand) Aviosuperficie Mattei - Pisticci Scalo (foto SassiLand)
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Nota di Vincenzo Maida del Centro Studi Jonico DRUS di Montalbano Jonico
Basilicata "L’intervento del presidente - afferma Vincenzo Maida del Centro Studi Jonico DRUS di Montalbano Jonico  - della giunta regionale di Basilicata Vito De Filippo in merito all’interessamento della nostra regione per lo scalo aereo di Pontecagnano  è rassicurante, anche se alcune sue affermazioni sono discutibili e necessitano di puntualizzazioni  e correttivi.
Per  Pontecagnano si vuole solo favorire un sistema di collegamenti da alcune aree Basilicata, mentre è confermato  l’interesse per la Pista Mattei, il finanziamento di 8 milioni di euro ed il ruolo strategico che essa assume per il turismo della fascia jonica.
Rimane l’incognita sulla tempistica e l’auspicio è quello che non si replichi quella relativa al collegamento ferroviario Matera-Ferrandina, per il quale la prima interrogazione parlamentare risale al primo parlamento post-unitario ad opera dell’on.Francesco Lo monaco, pronipote dell’omonimo più noto filosofo.
Un operatore turistico della fascia jonica ci ha confidato che il villaggio sul mare jonio da lui gestito ha più di mille presenze al giorno per due mesi all’anno, con un ricambio di turisti settimanale. A fine stagione ha un passivo di circa 500.mila euro che ripiana con l’attivo di altre strutture invernali nel nord Italia. Resiste perché il suo groppo ha investito ed é in attesa che cambi qualcosa proprio a livello infrastrutturale.
Per essere in attivo avrebbe bisogno di lavorare di più e le nostre condizioni climatiche consentirebbero di fare turismo da aprile ad ottobre, intercettando utenza dal nord europa e dall’europa dell’est, ma il trasporto dall’aereporto di Bari all’area Metapontina costerebbe al turista 180 euro, cioè molto di più del costo dell’aereo.
Il servizio pubblico della navetta, istituito lodevolmente di recente, è del tutto insufficiente ed ha orari improponibili.
Che la soluzione del problema sia urgente lo dimostra anche l’iniziativa di alcune associazioni che l’altro giorno a Policoro hanno presentato un progetto per la realizzazione di un aeroporto civile in un’area individuata tra la cittadina jonica  e Nova Siri.
La questione infrastrutturale per il mezzogiorno è prioritaria da sempre. Lo avevano capito i Borboni che iniziarono a costruire al sud le prime strade ferrate, anticipando il nord. Il primo tratto venne inaugurato da Ferdinando II nel 1839.
Nel 1902 l’allora presidente del consiglio Giuseppe Zanardelli rimase colpito dallo stato di isolamento in cui si trovavano la maggior parte dei comuni lucani; il fascismo investì moltissimo a livello infrastrutturale soprattutto ad opera del più giovane ministro dei lavori pubblici dell’Italia unita, il barese Araldo Di Crollalanza; vennero realizzate strade, ponti, acquedotti, ferrovie, case cantoniere, ecc…
Poi con il governo De Gasperi nel 1950 venne creata la Cassa del Mezzogiorno con il compito di colmare il divario tra nord e sud.
Sono arrivati alle regioni del sud fino al 1992 ( la Cassa del Mezzogiorno venne soppressa nel 1986 e sostituita dall’AgenSud a sua volta soppressa nel 1992 ) la bellezza di 279.683 miliardi di vecchie lire. Soldi spesi male, spesso per opere utili ad ingrassare le clientele elettorali  o l’industria che è più cresciuta al sud: quella del crimine organizzato.
Ha ragione De Filippo quando sostiene che un sistema infrastrutturale adeguato non è garanzia di sviluppo e di crescita demografica, ne è infatti solo il presupposto indispensabile, incidono poi altri fattori legati anche alla capacità ed alla creatività della politica. .
Commette invece un grave errore storico quando sostiene che in Basilicata va avanti da  duemila anni la dinamica per cui le aree appenniniche cedono  popolazione a quelle più pianeggianti, con qualsiasi governo, clima ed era industriale.
In questi duemila anni infatti si è registrato il fenomeno inverso per motivi legati ad una miglior difesa dei centri abitati o alla salubrità dell’area.
Basta consultare, infatti, i dati sui flussi demografici regionali per vedere che solo negli  ultimi 50 anni è iniziato in maniera massiccia tale fenomeno, senza peraltro essere adeguatamente governato anche a livello urbanistico.
Ad esempio per duemila anni la fascia jonica è rimasta quasi disabitata, solo con la bonifica iniziata dal fascismo e proseguita con l’ente riforma ha preso a ripopolarsi.
Consultando i dati Istat sull’andamento demografico regionale si scopre poi che il processo di desertificazione non è costante, anzi.
Durante il ventennio fascista la popolazione è costantemente cresciuta, nel  censimento del1951, pochi anni dopo la caduta del regime,  abbiamo toccato la punta massima con quasi 630.000 residenti.
Durante l’ultimo ventennio consociativo siamo costantemente calati come numero di residenti e quindi come densità demografica ( oggi siamo meno di 580.000 e meno di 60 abitanti per kmq) e continuiamo a diminuire. Una qualche regione, o più ragioni, se non responsabilità, ci deve pur essere."



Sassiland News - Editore e Direttore responsabile: Gianni Cellura
Testata registrata presso il Tribunale di Matera n.6 del 30/09/2008




 
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