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13/03/2012 16.24.52 - Articolo letto 3810 volte

Dalle donne nasce un nuovo mondo

Festa della Donna 2012 - CGIL Festa della Donna 2012 - CGIL
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Intervento di Manuela Taratufolo di CGIL Matera
Matera Riportiamo l'intervento di Manuela Taratufolo della CGIL Matera,  all'iniziativa dedicata a tutte le donne del 12 marzo 2012 : un nuovo mondo nasce dalle donne:

"Quando ho iniziato a buttar giù alcune riflessioni da fare insieme a voi in questa giornata, mi sono subito chiesta: perché continuiamo a celebrare questa giornata?
 
Forse, innanzitutto, per ritagliarci uno spazio virtuale, un’occasione, per incontrarci e parlare di noi.
 
Certo non per svolgere un rituale lamentoso, ma per vederci, incontrarci, confrontarci parlando di noi stesse, evidenziando quello che siamo e ciò che vogliamo. Senza remore e ipocrisie ma esaminando insieme le nostre difficoltà, i nostri obiettivi, le nostre aspettative.
 
Siamo nel 2012 e, nonostante la tanta strada fatta, siamo lontane dal poter affermare che l’Italia è un paese in cui vengono garantite pari opportunità tra uomini e donne, a partire dai nostri contesti lavorativi per finire nelle nostre mura domestiche.
 
Abbiamo fatto passi indietro, negli ultimi tempi.
 
Una triste considerazione reale che non ci deve scoraggiare.
Le ultime manovre finanziarie del Governo Berlusconi e del Governo Monti hanno introdotto misure fortemente penalizzanti per l’universo femminile, ma questo non ci deve far arrendere di fronte alla necessità irrinunciabile di rendere più rosea l’altra metà del cielo, che sebbene ingrigita, ci appartiene e che dobbiamo contribuire a rendere splendente, cioè eguale, pari all’altro genere quanto a diritti, opportunità, a libertà di scelta rispetto alla nostra vita, al nostro lavoro, al nostro privato.
 
Per questa giornata abbiamo scelto un manifesto con un’immagine particolare, con uno slogan particolare dando all’iniziativa un’impronta insolita.
Siamo convinte che le donne possano dare una svolta all’insuccesso di un “mondo fatto dagli uomini”……non solo perché le donne sono generose per natura tanto da sacrificare il proprio corpo per dare continuità al genere umano, ma anche perché le donne sono diverse dagli uomini ed il nostro impegno nella società non può che determinare un cambiamento positivo.
 
Nel nostro impegno quotidiano, veniamo apparentemente sostenute dagli uomini, ma, nei fatti, siamo boicottate perché gli facciamo più comodo quando stiamo in casa, a curare i loro bisogni, i nostri figli,mentre si dedicano alla propria carriera.
Ma noi abbiamo la forza per essere protagoniste principali e attive della nostra vita, della nostra società, del nostro lavoro, della nostra famiglia: non abbiamo più bisogno di fare le comparse, perché vogliamo esserci per contare, per giocare la partita da titolari effettivi, in maniera determinante perché siamo convinte che il futuro nasce dalle donne, da tutte le donne, bianche nere gialle, da quelle donne che hanno tanta voglia e forza di cambiare questo mondo, dalle donne che sono abituate da sempre, sin da quando nascono, a sgomitare di più per ottenere ogni cosa, da quelle donne per cui lottare è normale poiché sappiamo che nulla ti viene donato per caso, da quelle donne che assaporano i frutti della lotta quotidiana perché quelle donne sanno che tutto ciò che esse hanno o raggiungono è una conquista, è un mattone in più nella corsa sfrenata di ogni giorno ad esserci e a dare il proprio contributo sempre e in ogni ambito: familiare, sociale, lavorativo.
 
Tutto questo lo vogliamo e lo decidiamo noi per noi e non gli uomini per noi.
 
Questa giornata l’abbiamo concepita in chiave costruttiva, di slancio rispetto alla nostra libertà di scegliere come dare il ns. contributo alla nostra società.
Da madri, da lavoratrici, da figlie, da mogli. NOI, esseri poliedrici, eclettici, in grado di potere assolvere, in contemporanea, a più ruoli nei quali c’è una costante: lottare sempre. Si lotta per un salario equo, per vedersi rispettare i propri diritti assolvendo prima ai ns. doveri, per fare quadrare il budget familiare, per accudire i genitori ammalati, per seguire la crescita dei propri figli, per vedersi riconoscere la propria progressione professionale.
 
Insomma ciò che forgia una donna è la costanza della lotta continua.
La nostra marcia in più consiste proprio in quello che spesso ci fa disperare: dovere sempre lottare, ma in quelle lotte, anche le più elementari, si forma, si plasma la nostra fonte continua di energia, che è inesauribile: la caparbia forza a non rinunciare e a fare quadrare tutto.
 
Vi abbiamo distribuito un pensiero di Madre Teresa di Calcutta.
In quelle righe si conferma quanto vi ho appena detto. LA NOSTRA FORZA E CONVINZIONE non hanno età e noi non dobbiamo mai fermarci, anche quando le difficoltà sono tante e in tanti si aspetterebbero che noi molliamo.
La rinuncia non ci deve appartenere, men che meno la rassegnazione. Siamo consapevoli infatti che la nostra è una resistenza continua.
 
Oggi abbiamo voluto realizzare ciò che normalmente deve essere.
Donne che si riuniscono per fare il punto, non per isolarsi e ghettizzarsi. Dobbiamo abituarci a parlare fra noi, condividere esperienze diverse, accomunate dall’eguale sforzo di affermarsi, di sostenersi, di vedersi riconoscere un ruolo necessario nella vita della propria comunità e quindi del proprio paese.
Donne che vogliono partecipare alla ripresa di questo Paese partendo dal loro vissuto, dalla propria esperienza che, piccola o grande che sia, ha un obiettivo unico, quello di rivendicare che per uscire dalla crisi bisogna valorizzare il lavoro delle donne.
 
Un lavoro che non può essere prevalentemente part time, atipico, precario, a tempo determinato. Un lavoro che non può essere a nero o sotto il bieco ricatto delle dimissioni in bianco, cioè del licenziamento col consenso della lavoratrice, fatto firmare, al momento dell’assunzione, su un foglio in bianco da usare in caso di maternità o di lunga malattia. Un lavoro che non può essere scevro da regole e diritti. Un lavoro che non sia caratterizzato da mansioni e salari bassi. Un lavoro che non deve essere negazione della dignità della persona. IL lavoro che rivendichiamo è quello previsto dalla carta costituzionale italiana e che deve garantire il diritto ad una pensione dignitosa.
 
Tante le donne che hanno pensioni al di sotto dei 961 euro mensili, troppe quelle che ne prendono solo 700 euro mensili e molte quelle che vivono con soli 358 euro mensili.
 
Siamo sotto la soglia della povertà perché un lavoro povero, precario, genera pensioni povere, basse e sarà sempre peggio data l’ultima riforma previdenziale MONTI-FORNERO. Una riforma che ci ha gabbato per la seconda volta. La prima volta a burlarsi delle donne è stato il Governo Berlusconi quando, innalzando l’età pensionabile delle donne del pubblico impiego, rassicurò che i fondi ricavati da quell’innalzamento sarebbero stati destinati alla conciliazione.
 
Ennesima bugia ed ennesimo gesto contro le donne da parte di un Governo che, come sua prima azione, nel 2008, abrogò la legge 188/2007 contro le dimissioni in bianco.
I soldi incamerati dall’innalzamento dell’età pensionabile delle donne del pubblico impiego sono stati acquisiti nell’ultima manovra finanziaria del Governo Berlusconi e riversati in un fondo indistinto destinato a compensare il deficit. Risorse quindi ormai irrecuperabili. Questo è stato l’ennesimo esempio di come le donne si possono fidare poco delle promesse che vengono fatte rispetto ai sacrifici che a loro vengono richiesti. Qui c’era stato un patto formale, stralciato di nascosto e non applicato.
Quindi si alza l’età pensionabile delle donne e al contempo si tagliano le risorse destinate a politiche sociali e ai servizi utili per attuare la conciliazione. E abbiamo così la tragica contraddizione subita dalle donne: i Comuni non sono più in grado, dati i tagli ricevuti, di gestire, garantendoli, i servizi per la prima infanzia.
Siamo al paradosso: si afferma la parità pensionabile, si innalza l’età pensionabile delle donne senza modificare contestualmente le discriminazioni presenti nel mercato del lavoro e senza riequilibrare i rapporti reali tra uomini e donne e fra famiglia e società. Né si tiene conto di un aspetto importante: le occupazioni non sono identiche così come non lo sono le nostre vite personali, familiari, professionali.
 
IL governo Berlusconi ha falcidiato lo stato sociale. Questo attuale Governo non sta facendo nulla per rimuovere quella brutta negativa iattura di cui pagano le conseguenze maggiormente le donne che in tal modo devono farsi carico anche, e come sempre, del lavoro di cura. E quindi meno male che ci sono le donne. Ma non si può accettare passivamente questo scarico di responsabilità da parte di chi deve garantire la tenuta e la coesione di un Pese: non si può continuare a contenere spesa e servizi sociali lasciando da sole le donne nel lavoro di cura o soli gli anziani nel loro bisogno di assistenza.
Sì perché a farsi carico delle conseguenze del mancato sostegno al Welfare sono solo le donne, quelle giovani, quelle anziane, ma le donne.
 
La mentalità che ci circonda è purtroppo ancora prevalentemente maschilista; siamo ancora in presenza di un’impostazione culturale maschile molto rigida secondo cui le donne, in virtù della maternità e della scelta di avere dei figli, vengono concepite limitate, da relegare al solo ruolo di madri, incapaci di potere assolvere a ruoli di responsabilità elevate o dirigenziali.
 
Ipocritamente gli uomini sono favorevoli alla promozione delle donne in politica, nelle istituzioni, in ruoli apicali in aziende, ma nei fatti la donna è vista come intralcio, da ostacolare. Bisogna che qualcosa cambi nelle loro menti, poiché noi il quadro ce lo abbiamo chiaro. E’ necessario promuovere, perché davvero cambi l’approccio maschile verso le donne, un’educazione all’eguaglianza di genere fin da bambini, nelle scuole, perché sin dalla tenera età certe tare, certi retropensieri non trovino albergo nella crescita degli uomini e delle donne.
 
Le donne devono essere concepite come fattore anticrisi: grazie all’incremento del lavoro delle donne, il PIL salirebbe, l’economia si rimetterebbe in moto poiché il lavoro delle donne crea un indotto, crea altra occupazione. Le donne non fermano l’economia ma anzi la condizionerebbero positivamente.
 
E allora eccoci a rivendicare, nei confronti dell’attuale Governo, scelte coraggiose visto che finora ha solo promosso politiche di compressione della spesa sociale e non ha ancora determinato una politica fiscale a tutela dei bassi e medi redditi. Le donne ritengono che la chiave per generare crescita e ricchezza in modo equo e sostenibile sia combattere la precarietà, investire in formazione, ricerca innovazione, affermare equità e giustizia fiscale e sociale guardando alle donne non più come agnelli sacrificali ma anelli forti della catena della ripresa di questo paese.
 
Non ci interessa andare alla ricerca di quante donne si sono affermate. Non è una questione di numeri, di quantità, ma di qualità cioè di sostenere l’indispensabilità, nelle singole comunità, e quindi nel nostro Paese, di regole della rappresentanza e della democrazia dei generi. Regole che debbano garantirci di essere tutti eguali e liberi nella sostanza e non solo a parole, teoricamente.
 
La nostra ricetta è semplice: ci siamo e vogliamo esserci coi nostri tempi, colle nostre capacità, colle nostre ambizioni, colla nostra diversità che non neghiamo e  che è valore aggiunto in ogni contesto in cui noi siamo presenti.
 
Siamo stanche di essere guardate a vista, promosse apparentemente ma poi insidiate alle spalle. La nostra capacità spesso fa paura invece di essere valorizzata e apprezzata. Per le donne gli esami non finiscono mai: non va bene, non può essere così perché esistono uomini e donne, capaci, meno capaci, intelligenti e meno intelligenti, volenterosi e meno volenterosi, ma uguali come cittadini, come persone, come individui che hanno diritto ad avere sacrosante pari opportunità e ad esprimersi colla loro diversità.
 
Oggi siamo qui perché vogliamo lanciare un messaggio, quello che poi traspare dall’attività quotidiana di ognuna di noi. Siamo donne che non si arrendono, in grado di reinventarsi sempre, con le loro debolezze, il loro orgoglio e la ferma convinzione che un mondo migliore è possibile partendo da noi stesse. Senza rinunciare mai alla nostra libertà di decidere, in modo consapevole, cosa vogliamo essere. E assumendoci sempre le responsabilità delle nostre scelte. Anche in questo sappiamo distinguerci: se decidiamo di esser solo madri mogli figlie, lo faremo egregiamente; se decidiamo di essere lavoratrici madri figlie mogli, lo faremo senza togliere nulla a ciascuno di questi ruoli e dando tanto in ciascuno di questi ruoli perché la forza delle donne consiste proprio nell’essere tante in una.
 
Vorrei riservare un ringraziamento particolare all’associazione KAFILA che oggi ha condiviso l’organizzazione di questa iniziativa con noi.
Lascerò dopo questo mio intervento la parola a Chiara Paolicelli che di questa associazione è la fondatrice.
Abbiamo cercato di instaurare un rapporto con questa associazione perché la CGIL di Matera vuol dare un grande contributo al processo di integrazione degli immigrati, uomini e donne.
La FLAI, insieme alla CGIL, sta avviando nel metapontino un progetto finalizzato alla legalità del lavoro degli immigrati impiegati in agricoltura. Per noi quelle persone sono braccia utili alla nostra economia, sono uomini e donne, da rispettare come persone e come lavoratori. Noi crediamo nell’importanza di una società multietnica, in cui tutti abbiano pari dignità senza differenze di razza né di religione: col nostro progetto miriamo a sostenere un percorso di inserimento reale del migrante nella nostra società lavorativa, agevolandone ogni aspetto.
 
Per noi l’immigrato non è l’utente diverso a cui fare solo pratiche specifiche, quali il permesso di soggiorno o il ricongiungimento familiare: ma è un assistito uguale agli altri a cui assicurare tutto ciò che garantiamo agli altri.
 
Questo un esempio semplice di come si può promuovere l’integrazione, l’inclusione sociale di lavoratori, immigrati, stranieri, spesso sfruttati  tenuti in condizione di quasi schiavitù.
 
Un altro semplice esempio partirà da metà marzo. La CGIL di Matera aprirà le porte della sua sede agli immigrati per mettere a disposizione il suo salone, per 3 volte a settimana, per seguire corsi di italiano per migliorare la conoscenza della nostra lingua. I corsi verranno tenuti da volontari dell’associazione KAFILA.
Anche questo rappresenta un modo ed un mezzo per contribuire all’integrazione di lavoratori, lavoratrici, bambini immigrati.
Piccoli gesti che porteranno grandi risultati. Ne siamo certi. Come accade in questa giornata, donne diverse a confronto per migliorare la condizione di tutti partendo da piccoli gesti che ci aiutano a segnare un percorso ambizioso: esserci tutte per contare.
 
Buon 8 marzo a tutte."



Sassiland News - Editore e Direttore responsabile: Gianni Cellura
Testata registrata presso il Tribunale di Matera n.6 del 30/09/2008




 
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