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02/10/2013 19.44.33 - Articolo letto 6414 volte

Le recenti scoperte archeologiche all’Incoronata di Pisticci

Visita agli scavi dell´Incoronata di Pisticci Visita agli scavi dell´Incoronata di Pisticci
Degrado della zona a valle della collina  dell´Incoronata di Pisticci Degrado della zona a valle della collina dell´Incoronata di Pisticci
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"quanto mai necessario che il Comune faccia ripulire l’area a valle e restaurare le opere realizzate con un finanziamento europeo"
Pisticci "Finalmente si ritorna a parlare dell’Incoronata, l’importante sito archeologico molto noto alla comunità scientifica europea e, al solito, quasi sconosciuto dalla gente del posto. Due incontri, uno lunedì 23 settembre sui luoghi e l’altro, nella sala consiliare di Marconia, il mercoledì successivo. In entrambi i casi, il prof. Mario Denti  che all’Incoronata guida un gruppo di giovani archeologi dell’Università di Rennes 2, ha illustrato quanto emerso nelle ultime campagne di scavo.
Oltre agli iscritti delle sezioni AVIS di Pisticci e Marconia che da anni accolgono gli archeologi francesi, alla visita del 23 settembre erano presenti gli studenti del Liceo Classico “Giustino Fortunato” al seguito delle professoresse Cirigliano, De Benedictis e Capistrano. I ritrovamenti di ceramica indigena insieme a quella greca, fa intendere che durante l’VIII e il VII secolo a. C,  tra i coloni greci e i Choni (stirpe Enotria) che abitavano l’Incoronata, ci sia stato un ottimo rapporto di collaborazione fino alla nascita di Metaponto ad opera degli  Achei (VII secolo) che costrinsero la popolazione ad abbandonare la collina. Contrariamente a quanto si riteneva solo 15 – 20 anni fa dunque, i coloni greci non aggredirono i Choni ma stabilirono un sano rapporto “osmotico” al punto da poter sostenere che le due etnie si influenzarono reciprocamente. Lo scavo, avvenuto nell’area est della collina, fino a qualche anno fa detta “greca”, in realtà è indigena a giudicare dalla imponente quantità di ceramiche enotrie rinvenute e  spesso mescolate con quelle di fattura greca. La cospicua presenza di frammenti ceramici, indica che le fosse presenti sul pianoro non sono fondi di capanne come generalmente ritenuto fino ad alcuni anni fa, ma sono fondi di laboratori per la produzione di oggetti fittili.  Il professore Denti ipotizza la presenza di un tempio, un piccolo luogo cultuale a cielo aperto disposto in direzione est – ovest di cui parlerà meglio nel previsto incontro di mercoledì. Straordinaria è stata la scoperta di una strada dell’VIII secolo pavimentata con piccoli ciottoli avente, al di sotto, una massicciata di grandi basole per stabilizzarla. Con i suoi 30 metri di lunghezza, è la più estesa mai rinvenuta in ambiente enotrio e l’orientazione est – ovest lascia intendere il collegamento al tempio (a sua volta orientato est – ovest) ma farebbe pensare anche al collegamento ad una residenza aristocratica sul bordo della collina rivolta verso San Teodoro. Il pavimento si è conservato grazie allo spesso strato di terra mista a frammenti di ceramica pesta con cui è stato coperto per ben 2.600 anni. Sulla valenza della strada, oggi si può dire ancora poco; sarà il lungo studio che si prospetta a definire meglio la scoperta, studio che potrebbe avvalersi anche di esempi analogici di altre aree mediterranee. La necropoli nell’area nota come Incoronata indigena e la necropoli di San Teodoro, lasciano pensare  alla presenza di residenze intorno alle fornaci. Le dimensioni delle necropoli, la notevole quantità di frammenti ceramici e la presenza della lunga strada, farebbero escludere che all’Incoronata vi fu un piccolo villaggio ma avvalorerebbero la tesi di una vera e propria acropoli. Il numero delle tombe, la quantità dei resti mortali e degli arredi funerari, potrebbero dare l’idea della popolazione presente tra VIII e VII secolo.
Con il patrocinio del Comune di Pisticci, mercoledì 25 settembre nella sala consiliare di Marconia, vi è stato un incontro in cui il prof. Denti ha fatto vedere interessanti immagini dello scavo. Presenti il prof. Giuseppe Coniglio che da anni coltiva la passione per l’archeologia metapontina, il consigliere comunale Angelo Fulco che ha aperto i lavori, l’assessore Francesco D’Onofrio che li ha conclusi offrendo al Denti una pergamena a nome dell’intera Amministrazione Comunale; hanno preso parte anche il consigliere Vito Pelazza e l’assessore Antonio Sassone.
Tra le slide, significative sono state quelle paesaggistiche da cui sono emerse l’estensione, la morfologia e le caratteristiche del sito che, riscontrate a San Basilio (Pisticci), Termitito (Scanzano), Serra Marina (Bernalda), Heracleia (Policoro), rivelano i motivi delle antiche ubicazioni: in tutti i casi ritroviamo una collina facilmente difendibile e sorgenti di acqua, evidentemente condizioni essenziali per vivere. Il gruppo di Rennes 2 è presente all’Incoronata da ben 11 anni e con la meticolosità e la lentezza proprie di questa attività, ha portato alla luce importanti reperti (si pensi che per recuperare un solo metro quadrato di pavimento, si scava persino 4 o 5 giorni). Il professore ha spiegato anche alcuni aspetti metodologici: come in ogni sito archeologico, vi è un gruppo che scava e l’altro intento a sistemare/catalogare i frammenti. Dopo le prime ipotesi “a caldo” durante le scoperte, seguirà un lungo periodo di studio che potrebbe durare anche alcuni anni per formulare con certezza o minore approssimazione, ciò che è emerso. In questi 11 anni è stata scoperta la facies, il vero “volto” dell’Incoronata che, come detto, ha visto la collaborazione attiva dei primi coloni con gli Enotri. Altro aspetto interessante riguarda l’abbandono dell’insediamento che non avvenne in maniera repentina ma con il rito della obliterazione delle fosse, probabilmente finalizzato alla conservazione della memoria del sito. La scoperta di un vaso capovolto in quello che si potrebbe ritenere un piccolo tempio o un’area cultuale a cielo aperto, testimonierebbe il rito della libagione con cui si offriva una sostanza liquida (vino, acqua, miele, latte, ecc.) a una divinità ctonia (sotterranea); ad un’analisi chimica, la presenza di Tannino dimostrerebbe l’offerta di vino come spesso è stato rinvenuto e come ipotizza lo stesso archeologo.  Nel mostrare le immagini, Denti ha ribadito l’importanza scientifica dell’Incoronata e ha sottolineato che le nuove tendenze archeologiche non mirano tanto alla ricerca del bel vaso o del bel reperto con cui riempire le teche di musei; oggi si è orientati a comprendere soprattutto la facies di una civiltà attraverso elementi magari piccoli e apparentemente insignificanti, spesso anche poco attraenti esteticamente. A fronte di questa posizione che condivido sul piano scientifico, viene però da chiedersi quanto possa essere attraente il sito archeologico dell’Incoronata per semplici fruitori turistici, per i “non addetti ai lavori”. Nel dibattito sulla questione, è emersa la opportunità di creare in Basilicata un sistema di siti da visitare e per i quali mi batto personalmente da anni. Occorre creare  un sistema di sistemi che veda la formazione di quelli archeologici delle diverse età, quelli dei vari periodi storico – artistici, quelli letterari, naturalistici, paesaggistici, enogastronomici, demoantropologici, ecc. e che abbia la capacità di relazionarli in maniera intelligente e possibilmente ludica senza snaturarne il carattere. Sono convinto che se è complesso portare alla luce un reperto archeologico, se è impegnativo restaurare un’antica masseria, un castello, una chiesa, un monastero, un “brano” paesaggistico, un nucleo storico, ecc., è altrettanto complesso mettere in rete tutte queste prevalenze per creare quel sistema di sistemi  che sarà tanto più efficace quanto più si innerverà alle culture oltre i confini regionali. Ad esempio, il sistema archeologico metapontino (Metaponto, Serramarina, Incoronata, Termitito, Policoro, ecc.), oltre a interagire con altri sistemi archeologici lucani da Grumentum a Venosa, ecc., dovrebbe interagire con quello delle masserie – villaggio del metapontino a sua volta in relazione con quello delle masserie fortificate, dovrebbe essere relazionato al sistema dei parchi letterari (Valsinni, Tursi, Aliano e Grassano) e messo in dialogo con quelli dei centri storici, dei sistemi paesaggistici (aree marine, calanchi, boschi), ecc. Inoltre, e solo come esempio, il sistema archeologico metapontino non può non interagire con quelli calabresi e pugliesi lungo lo Ionio. Ritengo che in questo modo sia possibile garantire una fruizione completa e matura, essenziale per tenere in vita i beni culturali che altrimenti degraderebbero e per rilanciare i territori da un punto di vista economico e socio - culturale. A proposito dell’Incoronata, ove non bastassero i reperti rinvenuti per attrarre visitatori, le attuali tendenze concordano nel ricostruire le capanne e le fornaci, evidentemente garantendo sempre un elevato valore scientifico. Qualche decennio fa una simile operazione sarebbe stata interpretata come una sorta di volgare scenografia cinematografica o, peggio ancora, come un processo di “disneyzzazione” della storia che, inventata negli Stati Uniti, in verità ha dato scarsi risultati sul piano culturale. Con le attuali tecnologie informatiche, sarebbe anche possibile costruire il sito in maniera virtuale e, sempre con gli stessi mezzi, relazionarlo ad altri più o meno affini. Penso che quello del miglioramento della fruizione dei beni culturali in Basilicata, sia uno dei problemi prioritari da affrontare in tutta la sua complessità, senza scorciatoie, omissioni e approssimazioni se vogliamo ottenere risultati concreti nel settore turistico. Come ha sostenuto più volte il prof. Denti, nell’immediato è opportuno che qualcuno si assuma almeno l’onere di recintare l’area dell’Incoronata per evitare che una sbagliata fruizione rovini irreversibilmente le antiche tracce. Si cominci pure da questo ma è quanto mai necessario che il Comune faccia ripulire l’area a valle e faccia restaurare le opere realizzate con un finanziamento europeo (POM Magna Grecia) del 1996 finalizzato proprio al miglioramento della fruibilità turistica dei siti archeologici magno grechi. L’ampio parcheggio, le aree di sosta attrezzate, i lunghi camminamenti che conducono in collina e i numerosi Olivi meritano un attento restauro. La cura e, prima ancora, la inaugurazione del parco mai avvenuta da parte dell’Amministrazione Comunale, avrebbero stimolato la frequentazione. Un’opera progettata sulla strada per il parco di Apollo Licio e concepita in una sorta di microsistema archeologico è stata fatta cadere nell’oblio da una politica generalmente disattenta alle tematiche in questione. Probabilmente, la presenza di gente, attratta anche da attività ludico – culturali che qui sarebbe stato facile organizzare (gli studenti del “Giustino Fortunato”, da anni organizzano manifestazioni al tempio di Hera),  avrebbe anche evitato l’incendio che l’anno scorso  ha “sfregiato” il paesaggio. "

Renato D’Onofrio
architetto



Sassiland News - Editore e Direttore responsabile: Gianni Cellura
Testata registrata presso il Tribunale di Matera n.6 del 30/09/2008




 
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